ANNIVERSARIO DI MARC CHAGALL

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33 ANNI FA IN COSTA AZZURRA

MORIVA IL MISTICO DELL’ARTE

Marc Chagall – Autoritratto con 7 dita – (1911-1912) Stedelijk Museum

Marc Chagall nacque il 7 luglio 1887 a Vitebsk, nella Bielorussia allora sotto il domionio dell’Impero Russo. Il suo vero nome ebreo era Moishe Segal, mentre quello russo era Mark Zacharovič Šagalov, abbreviato in Šagal. Ma viene ricordato con la trascrizione francese Chagall poiché la Francia divenne la sua seconda patria.  Trovò successo proprio a Parigi dove la sua arte fu valorizzata dal famoso mercante Ambroise Vollard (già gallerista di Picasso e Kandiskij). Fu proprio costui a chiedergli la realizzazione del ciclo di acqueforti sulla Bibbia che di fatto influenzò l’intera vita del pittore, ebreo ortodosso.

Si dedicò alla Bibbia dal 1932 al 1939 (dopo essere stato in pellegrinaggio in Terra Santa) realizzando le prime 66 incisioni ma dovette interrompere il lavoro per sfuggire alle persecuzioni naziste lasciando prima Parigi e poi l’amata Francia che diverrà la sua patria di adozione. Tornato in Francia dagli Usa già famoso grazie alla mostra personale del 1946 al Moma, riprese il lavoro nel 1952 e lo terminò con le ultime 39 acqueforti nel 1956. In questa raccolta di ben 105 incisioni su lastre di rame viene fatto riferimento alle storie della Bibbia secondo la religione ebraica, ovvero la Tanach che incorpora i cinque libri della Torah (Pentateuco), i libri Profetici e Storici. Da questo mastodontico lavoro, il più importante nella storia dell’arte moderna sull’argomento – che non a caso include un numero di opere multiplo di 7, numero sacro nel misticismo ebraico – Chagall prese spunto per le 17 grandi tele del Messaggio Biblico cui lavorò tra il 1954 e il 1966: i temi sono tratti dal Pentateuco (12 Genesi, Esodo) e dal Cantico dei Cantici (5).

Marc Chagall – Re Davide – Museo Nazionale Chagall Nizza

Queste opere andarono a costituire il cuore del Musée National Message Biblique Marc Chagall a Nizza, voluto da Chagall stesso che vi realizzerà anche grandi vetrate sulla creazione e uno splendido mosaico esterno. La prima pietra fu posta nel 1969 e il museo (oggi ridenominato Museo Nazionale Chagall)  fu inaugurato il 7 luglio del 1973, nel giorno dell’ottantaseiesimo compleanno del’artista. Chagall morì il 28 marzo 1985 nella sua casa di Saint-Paul-de-Vence e si fece seppellire nel cimitero cristiano. L’artista dipinse sempre i grandi valori biblici ma anche le Crocifissioni e Resurrezioni che destarono la disapprovazione del mondo ebraico.

CHAGALL MISTICO DELL’ARTE

testo critico di Fabio Carisio

(dal catalogo della mostra Bibbia e Sacro Vino)

«L’essenziale è l’arte, una pittura diversa da quella che fanno tutti. Ma quale? Dio mi darà la forza di soffiare nelle mie tele il mio respiro, il respiro della preghiera e del dolore, la preghiera della salvezza, della rinascita?». Questo si chiedeva Marc Chagall mentre, poco più che trentenne, già stava scrivendo la sua autobiografia in yiddish, la lingua materna. La risposta, noi tutti che ne ammiriamo i capolavori e ne lodiamo l’estro geniale, visionario e profetico, ben la conosciamo. La risposta l’avrebbe trovata lui stesso qualche anno dopo: «Quel che ho scoperto in terra biblica a prima vista può apparire insignificante. Sebbene questo sia un libro che va in giro per il mondo in milioni di copie, il sogno che contiene è come se fosse sotto chiave, sommerso nelle lacrime di millenni. Promette una libertà diversa, un altro senso della vita». Forte della sua educazione ebraica per tutta la sua esperienza esistenziale ed artistica è rimasto devoto al Dio di Israele. Ma lo ha fatto con uno slancio spirituale intimo, illuminato da una Fede vivida e profonda capace di oltrepassare i rigori ancestrali fino ad accettare il mistero della Croce; fino a dichiarare di «appartenere al piccolo popolo ebraico da cui nacque Cristo e il Cristianesimo».

Marc Chagall – Crocifissione bianca – 1938 – The Art Institute – Chicago

 

Solo sotto la lente del trascendentale si può comprendere appieno l’arte, l’anima e la funambolica vita di questo maestro capace di stupire le stesse Grandi Avanguardie con cui si mise a confronto in una eterna sfida per l’affermazione della propria identità a costo di ogni sacrificio. Ciò che certamente ha influenzato questa proiezione interiore è stata la formazione hassidica ricevuta dai genitori: il Chassidismo è una corrente di rinnovamento spirituale dell’Ebraismo ortodosso che interpreta le Sacre Scritture in relazione ad una visione mistica del quotidiano orientata dagli insegnamenti esoterici rabbinici (la Cabala) e quindi li esprime attraverso la musica, la danza, il racconto. Questa propensione verso una spiritualità empirica e personale è stata la chiave che ha permesso ad un ebreo fedele ed osservante di spalancare la porta della figurazione alla sua arte: una manifesta trasgressione all’interdizione talmudista della rappresentazione umana e divina che Chagall non ha vissuto come ribellione bensì come una ricerca teosofica. «Nella nostra epoca in cui si parla molto della decadenza della religione l’arte si trasforma in un fiume tecnico, in un assortimento di maniere e, malgrado ciò, essa non ha la forza di creare un miracolo, di darci cioè un altro messaggio…». Il messaggio cui accenna il pittore russo in questa celebre frase è proprio quello biblico «che non rappresenta il sogno di un solo popolo ma quello di tutta l’umanità». Infatti per lui «la Bibbia è l’alfabeto colorato della speranza in cui hanno attinto i pennelli i pittori di tutti i tempi». Ecco quindi che sarà proprio in quest’opera che il maestro naturalizzato francese si cimenterà con più amore, entusiasmo ed efficacia. Lo farà, però, dopo aver percorso, come piuma nel vento della Divina Provvidenza, le più disparate esperienze artistiche e sociali. Intriso della nostalgia e del romantico folclore della sua Vitebsk, «con la logica del bambino che costruisce e racconta il suo mondo e non teme il contraddittorio con l’adulto» ben scrive Luciano Caprile, a San Pietroburgo si fa influenzare dal neoprimitivismo di Mstislav Dobuzinskij. Costui, insieme a Leon Bakst, lo avvicina alla natura simbolista-estetizzante del gruppo “Mondo dell’arte“ da cui, evidenzia l’inclito curatore moscovita-pugliese Viktor Misiano, «apprese l’idea dell’essenza superiore dell’arte, del diritto eccezionale dell’immaginazione a trasformare la realtà» persino attingendo dai cartelli dei pittori dilettanti che in quei tempi ornavano i negozietti russi. Le leggende sacre hassidiche, le favole slave sono le memorie infantili che fanno germinare il suo stile onirico, fiabesco; sono il viatico emotivo e culturale che porterà con sè in tutto il peregrinare artistico, oltrepassando i colori del fauvismo dell’esordio parigino, sperimentando le seduzioni formali dell’imperante cubismo per poi sdegnarle “tranchant“ con l’amico Guillaime Apollinaire: «Io voglio un’altra cosa». Impressionato da Giotto e Masaccio preannuncia il neoclassicismo e i valori plastici, per Andrè Breton è «precursore del Surrealismo» secondo Herwarth Walden dà «stimoli all’Espessionismo tedesco», prima di travalicare ogni paradigma espressivo per liberare il suo impeto mistico – «Il soprannaturale diventa in Chagall il suo clima familiare» notò Apollinaire – e quello stilistico: «non si deve cominciare dai simboli ma giungere ad essi» evidenziò lui stesso. Così fece nelle incisioni della Bibbia dove patriarchi e profeti assumono una tensione drammaturgica umana prima di svelare le loro evocazioni carismatiche e prodigiose. Chagall non illustra la Bibbia, la respira, la vive; e soprattutto la sogna: in preda a visioni financo ossessive che potrebbero rammentare le illuminazioni interiori dono dello Spirito di Dio descritte da Sant’Agostino. Lastra dopo lastra «con libertà naïve» rileva Meyer Shapiro, scolpisce «la cronaca, il mito, la morale, la profezia ed il puro lirismo». Con l’icastica gestualità dei protagonisti, con una poetica pittorica fanciullesca, pascoliana, fantasmagorica compie il suo miracolo: trasfigura il libro universale in una entusiamante, magnifica fiaba.

Fabio Carisio

 

 

 

 

Redazione Art & Wine News

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