LA MIRABILE MADONNA DI TANZIO DA VARALLO. Capolavoro Iper-Realista e Mistico del Pittore Seicentesco Valsesiano nella Chiesa di Lumellogno

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Antonio d’Enrico, detto Tanzio da Varallo, o semplicemente il Tanzio (Alagna Valsesia, 1582 circa – Varallo (?), 1633), è stato un pittore italiano, tra i migliori interpreti di quel fervore di rinnovamento artistico che, in Piemonte e in Lombardia, si espresse, in modi diversi, sulla scia del lascito di spiritualità di San Carlo Borromeo e dell’Arte della Controriforma.

Già più volte segnalata da Roberto Longhi, la sua produzione artistica uscì dal modesto interesse riservatole sino ad allora dagli storici dell’arte, per merito di Giovanni Testori che, con l’esposizione torinese del 1959-60, contribuì in modo decisivo ad affermare la statura artistica del pittore di Alagna.

In omaggio a una delle mirabili opere dell’artista, restaurata di recente, pubblichiamo l’omelia pronunciata da don Fabrizio Mancin, Parroco della Chiesa dei Santi Ippolito e Cassiano di Lumellogno (Novara), dove è ospitata la tela della Madonna col Bambino adorata dai santi Domenico e Francesco. 

Nel testo (elaborato in occasione della Santa Messa trasmessa in diretta su Radio Maria il 24 febbraio 2023, primo venerdì di Quaresima, e riadattato per questa pubblicazione) il sacerdote ha saputo insufflare magistralmente sia lo splendore estetico del dipinto sia la fervida ispirazione che animò Tanzio da Varallo e che ancora oggi riesce a commuovere fedeli e visitatori.

I link ad altri articoli su argomenti attinenti sono stati aggiunti a posteriori


La composizione di luogo di Tanzio Varallo per la Vergine Maria

di don Fabrizio Mancin

Per tutti voi  radioascoltatori di Radio Maria la vostra quaresima inizia con lo sguardo della Madonna che qui è rappresentata in un enorme quadro del Seicento, una tela ad olio dipinta da Antonio d’Errico, conosciuto da tutti nel mondo come Tanzio da Varallo. Questo  giovanissimo pittore era originario di Alagna, terra dei Walser, al nord della nostra diocesi di Novara.

Ancora adolescente decide con il fratello maggiore di intraprendere il  pellegrinaggio del giubileo del 1600 che attraverso la via francigena lo porta a Roma per varcare la porta santa per l’indulgenza plenaria.

Poi però  decide di rimanere un po’ di più a Roma, rimane  per 15 anni, rapito interiormente e affascinato da due scuole, una pittorica, la scuola del Caravaggio, e una mistica e spirituale, la scuola dei gesuiti  di Sant’Ignazio di Loyola.

In particolare lo affascinava  il  realismo  del Caravaggio ossia la volontà di disegnare la scena nel modo più reale e vero possibile. Antonio d’Errico però va oltre e diventa iper-realista non solo nelle scene sulla terra ma soprattutto nelle scene del cielo, del paradiso. La cura dei particolari è meticolosa. Ti sembra di essere davanti a una fotografia.

Con la vostra fantasia da casa vostra, dal vostro letto, dalla vostra cella, con i vostri occhi chiusi potete immaginare i due santi  cavalieri della Vergine Maria ai piedi di lei:  san Domenico di Guzman e san Francesco, in ginocchio entrambi ai piedi della Madonna.

Madonna col Bambino adorata dai santi Domenico e Francesco -Tanzio da Varallo – Partrocchia di Lummellogno (Novara, Piemonte)

I particolari rendono talmente vivi i due personaggi, che ti sembra di essere lì con loro, a lasciarti guardare dalla Vergine, tanto sono reali il cordone tortile di san Francesco, le  stimmate nelle mani, le unghie di lui, la barba, gli occhi lucidi dalla commozione, il panneggio del vestito, il teschio vicino ai piedi del serafico d’Assisi, ma anche gli  occhi penetranti e razionali di san Domenico che fissano le labbra della Vergine,  le pagine del libro che Domenico tiene in mano, la copertina di pergamena chiusa da due lacci di spago.

Sono loro i veri cavalieri della Madonna che dal Medioevo hanno iniziato una riflessione capace di convincere il Magistero papale su un titolo che i cristiani da sempre hanno tributato alla Madre di Gesù: da sempre Lei è l’Immacolata. Nella partita della riflessione teologica Domenico è il fondatore dell’ordine che ha avuto San Tommaso d’Aquino tra i suoi figli, è lui che ha iniziato a leggere tutta la vicenda della fede con gli occhi della ragione più capace secondo lui, della religione. Dall’altro però è san Francesco con san Bonaventura che ha iniziato con convinzione l’iter per raccogliere il ricco materiale di scritti e di devozione circa l’Immacolata. Quindi la partita sull’ Immacolata si conclude 1 a zero per i francescani.

Al centro la Vergine Maria seduta su un trono di nuvole. Tanzio da Varallo immagina le sue scene già in cielo. L’avventura umana è già conclusa, sono concluse le lotte di ogni genere. La scena è alla fine della rivelazione. E lì, in Paradiso la Madonna è seduta in trono.  Per il pittore la Madonna è seduta sul trono, non è in piedi, perché “non è vero, sembra dirci Tanzio da Varallo, che i primi cristiani copiavano dalle statue romane le figure di Maria. Semmai i primi cristiani, tutti di origine ebraica, rappresentavano la Madonna come la migliore tra tutte le donne della bibbia”, come lo splendore del Carmelo, come dice Isaia nel capitolo 35 della sua profezia ispirata. Maria è seduta col bambino in braccio, come hanno visti i Re Magi quando hanno spalancato la porticina della grotta di Betlemme.

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Anche Lei è dipinta con un grande realismo nel velo di tulle che scende sulle spalle, nella cintura stretta ai fianchi, nel manto imponente che la paragona più a una donna guerriera orgogliosa e sicura di una forza che viene dall’alto. La luce su di Lei effettivamente viene dall’Alto anche se la luce della fede del fedele illumina la scena frontalmente.

Dalla scuola spirituale dei gesuiti il pittore Tanzio d’Errico aveva imparato la meditazione interiore delle scene del Vangelo e della Bibbia col metodo della composizione di luogo: vale a dire leggi un brano, chiudi gli occhi, ti immagini la scena cercando di immedesimarti in uno dei protagonisti, magari sei un discepolo che assiste al miracolo, o sei un re magio che porta un dono, o sei un angelo che guarda dal cìelo, oppure sei il cameramen che riprende tutto, con la fantasia senti le voci, vedi i colori, senti i profumi, Gesù parla a te, la Madonna ti sta accanto, senti la presenza dagli apostoli, vedi quello che vedono loro.

In questo quadro le figure sono come in movimenti. Esattamente come voleva Sant’Ignazio. Negli esercizi ignaziani hai un mese di silenzio a disposizione per imparare a immaginare le scene della Bibbia tutte in movimento.

Il bambino Gesù è in braccio alla Madonna e gioca con una rosellina. Gesù bambino gioca anche con te , con la tua vita, con la tua storia, con la tua anima. Puoi fare tuoi i pensieri di santa Teresa di Gesù Bambino che immaginava di essere una pallina da gioco o una barchetta nelle mani di Gesù Bambino: si, fa di me ciò che vuoi, o Gesù Bambino, o amato del mio cuore. Se sono nelle tue mani, non ho paura di nulla.

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Il Bambino è biondo per due motivi. Innanzitutto Tanzio pittore vuole mettere sulla testolina dei bambino la sua propria firma, del resto i walser sono biondi. C’è però anche un secondo motivo: effettivamente Gesù bambino è nato biondo. Tutti i discendenti di Davide erano biondi. I re di Gerusalemme erano tutti biondi. Doveva essere biondo il pretendente al trono per poter dimostrare la sua appartenenza a quel preciso albero genealogico. Se il re non era biondo, come Erode, voleva dire che qualcosa era andato storto e tutti vedevano a vista d’occhio che quello era un impostore.

Ma qui Gesù ha anche le guanciotte. Il santo pittore infatti seguiva la descrizione di Gesù adulto data da Tullio Lentulo in una sua relazione inviata all’imperatore di Roma Tiberio. Tiberio voleva una descrizione di questo Gesù diventato così famose. Ebbene Tullio Lentulo descrive Gesù a con le guanciotte.

E siccome non poteva che assomigliare in tutto e per tutto solo ed esclusivamente alla Madonna ecco che anche la Madonna ha le guanciotte, rosse e vive, come sono vivi gli occchi e come è vivo lo suo sguardo, pensieroso, imperioso.

GIOVANNI PAOLO II: L’ULTIMA GRAZIA AL PAPA DEL ROSARIO LUMINOSO

Sta pensando a te, ai tuoi pensieri, alle tue sofferenze, ai tuoi progetti, alla tua solitudine, ai tuoi insuccessi ai tuoi figli, alle tue cure, sta ascoltando la tua preghiera, il tuo cuore col suo cuore che non giudica ma ama, infinitamente ama.

Poi porta in avanti la mano, il braccio viene in avanti e per un gioco di luce e colore arriva verso di te. A te consegna la corona del rosario.

La consegna a san Domenico e vero, ma in realtà la consegna proprio a te per farti dire il rosario oggi.

Tu recita il tuo rosario oggi.  Ai tuoi pensieri, alle tue preoccupazioni, ai tuoi progetti ci penserà Lei, stanne certo.

don Fabrizio Mancin – Parroco di Lumellogno (No)

La Santa Messa trasmessa su Radio Maria dalla Chiesa Parrocchiale dei Santi Ippolito e Epifanio il 24 febbraio 2023


Il restauro della tela con una tecnica innovativa

di Davide Riggiardi – Restauro Dipinti – Milano

Descrizione

L’opera è un dipinto ad olio su tela di grandi dimensioni, raffigurante la Madonna con Bambino seduta su un trono di nuvole, incoronata da angeli tra una schiera di cherubini, con ai piedi San Domenico e San Francesco.

Il dipinto è montato su un telaio ligneo ad espansione non originale e foderato in un intervento di restauro precedente (1965). La superficie pittorica è interessata da alcuni ritocchi visibili in prevalenza lungo il perimetro e protetta da una verniciatura recente. Il quadro abitualmente è inserito in un altare a lato del pulpito della chiesa.

BIBBIA E SACRO VINO – il catalogo

Stato di conservazione

Per quanto riguarda la descrizione del danno si riporta la dettagliata relazione redatta in data 5 settembre U.S. dai funzionari della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Biella, Novara, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli Emanuela Ozino Calligaris (funzionario restauratore) e Dott. Massimiliano Caldera (funzionario storico dell’arte):

“In seguito all’evento accidentale che in data 1 settembre 2017 ha comportato la caduta del dipinto in oggetto e il suo seguente danneggiamento, grazie a immediata segnalazione del parroco della chiesa e dei responsabili Diocesani, è stato attuato un sopralluogo dal Dott. Massimiliano Caldera e dalla restauratrice Emanuela Ozino Caligaris, funzionari della Soprintendenza di Novara.

A seguito dell’ispezione, potendo visionare in modo parziale il dipinto, ricoverato in orizzontale nella zona del presbiterio dietro l’altare maggiore, si possono esporre le seguenti considerazioni:

La tela ha grandi dimensioni: le sue misure sono di cm. 265 x 174, il danno che maggiormente compromette, oltre l’estetica, l’integrità e la funzionalità dell’opera è rappresentato dalla lacerazione nella parte alta a sinistra che attualmente non permette un regolare tensionamento del dipinto sul suo telaio perimetrale e nel tempo ne può pregiudicare la statica.

L’area dell’urto, di circa 20 cm di altezza, presenta un tipico danno da impatto, con una notevole alterazione della planarità e conseguenti spanciamenti ed imborsamenti della tela, associati agli strappi contraddistinti dai bordi sfilacciati.
La stabilità della pellicola pittorica e sua relativa preparazione in quella zona, è particolarmente compromessa. Diffusi micro e macro sollevamenti sono evidenti su tutte le parti interessate dal danno.

Nella parte bassa del dipinto si notano limitate aree di deformazione del supporto, dove fortunatamente la tela non si è lacerata; sempre verso il basso, nella parte centrale, lo scivolamento dell’opera ha determinato sulla superficie la presenza di abrasioni e graffi.

Considerando che il dipinto è stato foderato nel 1965 e che nel corso dell’ultimo intervento del 2009 è già stata fatta la scelta di non rimuovere la precedente tela, per non intervenire su tutto il manufatto con operazioni di “sfoderatura” e nuovo rintelo complesse e onerose, si può prevedere di eseguire un intervento localizzato nell’area danneggiata…”

Proposta d’intervento

Per procedere all’intervento di sutura della lacerazione sarà necessario trasportare l’opera in laboratorio per poter intervenire con la strumentazione necessaria a garantire un intervento commisurato all’alto valore artistico dell’opera. La risarcitura della tela originale verrà eseguita con il metodo “testa a testa” che prevede la ricongiunzione dei singoli fili, conducendo tutta l’operazione tramite l’osservazione attraverso uno stereomicroscopio montato su uno stativo a colonna mobile.

Prima di procedere alla movimentazione dell’opera è però necessario mettere in sicurezza la parte lesionata, sia per quanto riguarda la policromia frammentata, sia il supporto lesionato.
Sulla superficie interessata dallo sfondamento, dove le scaglie di colore pericolanti rischierebbero di staccarsi anche con le sole vibrazioni di una movimentazione, seppur accurata, verrà steso del Ciclododecano spray. Tale prodotto può considerarsi un consolidante temporaneo, in quanto è un idrocarburo solido in grado di sublimare senza lasciare traccia. Questa caratteristica permetterà, in fase di intervento, di procedere in laboratorio con un consolidamento definitivo, lasciando aperta ogni possibilità d’intervento per riposizionare ed assicurare le scaglie sollevate. L’applicazione spray consente la formazione di un film maggiormente flessibile rispetto ad altre metodologie d’impiego possibili.

Il supporto, fortemente deformato, verrà riportato in una condizione di planarità tramite una leggera umidificazione indiretta con atomizzatore e così mantenuto durante il trasporto tramite il posizionamento di due sottili lamiere metalliche sulle due facce dello sfondamento, mantenute accostate con magneti al Neodimio; a contatto delle superfici verranno interfogliati dei fogli di Tyvek.

Il risarcimento, necessario oltre che per ragioni estetiche per ristabilire la continuità tessiturale e la corretta tensione del dipinto, ovviamente avverrà intervenendo localmente senza alterare gli equilibri di forze in atto, ovvero, senza smontare l’opera dal proprio telaio.

La prima operazione prevede di consolidare le scaglie sollevate posizionando una tavolina a bassa pressione nella luce interna del telaio. L’operazione permetterà oltre che di veicolare meglio l’adesivo al di sotto delle scaglie di colore, di favorire il riposizionamento dei sollevamenti di policromia e di far asciugare rapidamente il solvente dell’adesivo, mantenendo planare la parte oggetto dell’intervento.

Il recupero della planarità avverrà quindi contestualmente al consolidamento con tavoline a bassa pressione, sfruttando l’umidità indotta dall’adesivo che pertanto si consiglia in veicolo acquoso. L’adesivo proposto è una miscela di colla di storione al 4% in acqua ed Aquazol 500 al 4% in acqua. L’aggiunta dell’Aquazol migliora l’elasticità della colla animale che nel tempo rischia di cristallizzare irrigidendosi.

Durante la fase di consolidamento verranno risparmiate le aree limitrofe la lacerazione dove i fili dovranno essere nuovamente tessuti e ritorti prima di giuntarli.
Nel caso i lembi non fossero più combacianti, prima di procedere con l’inserimento di nuovi fili, simili per titolo e torsione, le parti verranno riavvicinate con trackers montati con un sistema a morsetto sulle aste del telaio. Tali strumenti hanno la funzione di tendere fettucce montate a pettine attorno ai lembi della lacerazione per tentare un riavvicinamento. Le fettucce verranno incollate sul verso della tela da rifodero con Power strip, un potente adesivo composto da un elastomero, che se sottoposto ad allungamento tramite una linguetta lasciata sporgere, si stacca facilmente senza lasciare residui sulla superficie.

Ricomposta la tessitura ed avvicinati i fili lacerati, questi verranno aperti a ventaglio nelle teste, che di poco sovrapposte, verranno rintrecciate tra loro legandole con una miscela di colla di storione ed amido di grano.

Ove i fili risultassero mancanti o non più combacianti, verranno inseriti frammenti di fibre simili per titolo e torsione, sempre giuntati di testa.
L’operazione, eseguita allo stereomicroscopio permette di ritessere circa un centimetro al giorno. Si propone quindi di procedere con questa modalità in prevalenza sulla tela originale. Per la tela da rifodero si procederà sempre con colla di storione ed amido di grano con una modalità più rapida, ovvero sovrapponendo le teste senza ritorcere le fibre con la stessa accuratezza del fronte.

Infatti, oltre che per una ragione economica, le tensioni sopportate dalla tela da rifodero dovrebbero essere minori rispetto all’originale perché vengono distribuite anche sull’incollaggio tra le due tele.

A rinforzo della sutura, tra le due tele, prima di richiudere la lacerazione della tela da rifodero, si propone di inserire un reticolo di 5 mm in Kevlar 29® 440 dtex/1 (fibra aramidica, 400 den, senso di torsione Z, numero dei giri 95/m, carico di rottura 9 kg, peso: 0,0461 gr/m), un filato molto sottile e resistente da incollare solo nei punti di intersezione per dissipare le possibili tensioni.
Il recupero estetico delle lacune avverrà stuccandole con un impasto di gesso, colla animale ed Aquazol e integrandole con pigmenti stemperati in un legante aldeidico (Laropal A 81).L’indice di rifrazione verrà ripristinato con vernice aldeidica (Regalrez 1094).

Per recuperare la planarità delle altre zone deformate si propone di intervenire similmente a quanto fatto per le deformazioni della lacerazione, ovvero umidificando le aree deformate e facendole asciugare planarmente con tavolina a bassa pressione. Per garantire una completa asciugatura planare le deformazioni verranno mantenute tra due rasiere metalliche tenute a contatto dell’opera da magneti, interfogliate con carta filtro a contatto con policromia e supporto tessile.

Gran parte delle zone urtate appaiono lattiginose a causa della microframmentazione della vernice, la quale fa così rifrangere la luce in tante direzioni. Piuttosto che rimuovere il protettivo, si tenterà di rigonfiarlo con un solvente a bassa polarità (verranno effettuate prove di sensibilità ai solventi con test a polarità crescente), con la speranza che rammollendosi recuperi la trasparenza. In caso contrario verrà stesa localmente una resina aldeidica (Regalrez 1094), una vernice con una molecola molto piccola in grado di insinuarsi nelle microfratture, disciolta in un idrocarburo alifatico ad alto punto di ebollizione (Shellsol D70).

Gli eventuali ritocchi verranno eseguiti sempre con pigmenti e Laropal A 81, verniciati con Regalrez 1094. Al termine delle operazioni di restauro l’opera verrà trasportata in Chiesa e ricollocata nell’altare. Per evitare di ancorare il dipinto con vincoli visibili, si propone di fissarlo a parete con magneti al Neodimio posizionati sul telaio dell’opera e delle corrispondenti piastrine metalliche tassellate a parete.

dal preventivo di intervento di Davide Riggiardi – Restauro Dipinti – Milano

Redazione Art & Wine News

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